Emergenze e criticità nelle carceri siciliane, appello di Fp Cgil Sicilia: servono maggiori attenzioni e investimenti

“Suicidi, arresti e fatti cronaca. Troppe criticità negli Istituti Penitenziari siciliani. Da Roma servono più attenzioni e maggiori investimenti”. A lanciare l’allarme è FP Cgil Sicilia. “Negli ultimi giorni – affermano il Segretario Generale, Gaetano Agliozzo, il Segretario Regionale, Massimo Raso, e il Coordinatore Regionale PP, Alfio Giurato – si sono verificati una serie di fatti, scollegati tra loro, ma che offrono un preoccupante spaccato di come si sviluppi la vita all’interno degli Istituti penitenziari siciliani”. In particolare si sono recentemente registrati il suicidio di un Agente al Pagliarelli, gli arresti di Augusta e l’aggressione al carcere di “Piazza Lanza” a Catania ad opera di un detenuto con problemi psichiatrici. “Sono episodi – sottolineano Agliozzo,  Raso e Giurato – che fanno emergere  le diverse sfaccettature di una situazione esplosiva, che evidenzia cronici problemi irrisolti, carenze organizzative di organico e di sicurezza, e un deficitario contesto  infrastrutturale a cui non viene posto rimedio. Da anni – spiegano  –  denunciamo questa situazione e riteniamo che sia arrivato il momento delle risposte. Abbiamo la fortunata coincidenza di avere a Roma, a Capo del DAP, il dottor Petralia, siciliano e profondo conoscitore della nostra situazione ed una Direttrice del PRAP, la dottoressa Calandrino, assolutamente capace. Due rilevanti figure che hanno indicato la strada, quella dei “progetti di istituto” che ci auguriamo possano tutti trovare una concretizzazione perché vi è la necessità di operare una inversione di tendenza. Forse occorrerebbe anche il coraggio di ripensare ad una riforma più radicale volta ad una razionalizzazione e ad un ripensamento dell’attuale articolazione territoriale con investimenti anche su nuove e più moderne strutture”. FP CGIL ha anche lanciato, nei mesi scorsi, la campagna per #StareBeneDentro, per chiedere di migliorare le condizioni di lavoro degli uomini e delle donne in divisa che lavorano in carcere, una realtà tra le più complesse, un ambiente spesso aggressivo, trascurato e ai limiti della sicurezza. “Occorre  – concludono Agliozzo, Raso e Giurato – cominciare ad affrontare e risolvere le cose che possono sembrare semplici: bagni, docce, spogliatoi e armadietti differenziati per uomini e donne, fino a trattare questioni annose come l’aumento del fenomeno dei suicidi e delle aggressioni. Una professione così delicata ha bisogno della possibilità di usufruire di un’assistenza psicologica gratuita per tutti i dipendenti, ma anche, ad esempio, di chiudere il protocollo con la Regione per porre l’attenzione sul delicato tema della salute mentale in carcere. È il tempo delle decisioni, siamo stanchi di commentare impotenti i fatti di cronaca”.

Torna su